Sono trascorsi 70 anni allorquando a Portella della Ginestra Salvatore Giuliano e i suoi uomini, fecero fuoco contro la folla radunata per celebrare, il 1° maggio, la Festa del Lavoro. La sparatoria lasciò a terra morti e feriti.

I motivi per cui Giuliano compì l’eccidio e poi assaltò numerose sedi locali dei partiti di sinistra e delle Camere del Lavoro non possono esaurirsi nella dichiarata avversione di Giuliano nei confronti dei comunisti palermitani.

Ad appoggiare Giuliano e a dargli copertura è stata certamente la mafia, ma anche alcune schegge dell’autonomismo siciliano e quelle forze che intendevano garantire gli equilibri di potere che “doveva” continuare anche con il nuovo quadro istituzionale e politico che in Italia si consolidava nel primo dopoguerra.

Al di là delle questioni giuridiche, risultarono evidenti le responsabilità degli ambienti politici siciliani, interessati più ad intimidire le masse contadine che da una parte reclamavano la terra e dall’altra avevano premiato alle elezioni il cosiddetto blocco del popolo.

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Era il 1° maggio del 1947: in Sicilia, come nel resto d’Italia, si torna a celebrare la festa dei lavoratori, dopo il superamento del regime fascista.

2000 lavoratori, in prevalenza contadini, si erano riuniti nella vallata di Portella della Ginestra, per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte e festeggiavano la vittoria del blocco del popolo che aveva vinto alle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana. All’improvviso, dalle colline circostanti, partirono raffiche di mitra, scambiate dapprima per scoppi di mortaretti. Quei proiettili lasciarono a terra 11 morti (tra adulti e bambini) e 27 feriti.