don Milani
26/6/2017 - Il Papa sulla tomba di don Milani (afp) |
Papa Francesco a Barbiana cita don Lorenzo quanto scrisse al suo Vescovo: «se Lei non mi onora oggi di un qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato».
Continua il Papa ... «don Milani: servo esemplare del Vangelo, lo dico da Papa... Con la mia presenza a Barbiana, con la preghiera sulla tomba di don Lorenzo Milani penso di dare risposta a quanto auspicava sua madre: Mi preme soprattutto che si conosca il prete, che si sappia la verità, che si renda onore alla Chiesa anche per quello che lui è stato nella Chiesa e che la Chiesa renda onore a lui... quella Chiesa che lo ha fatto tanto soffrire ma che gli ha dato il sacerdozio, e la forza di quella fede che resta, per me, il mistero più profondo di mio figlio... Se non si comprenderà realmente il sacerdote che don Lorenzo è stato, difficilmente si potrà capire di lui anche tutto il resto. Per esempio il suo profondo equilibrio fra durezza e carità. Il prete 'trasparente e duro come un diamante' continua a trasmettere la luce di Dio sul cammino della Chiesa».
Don Lorenzo Milani, giovane prete |
video-messaggio del 23/4/2017 del Papa per la presentazione dell'opera omnia di don Milani
Della missione sacerdotale di don Milani papa Francesco ha così delineato l'impegno educativo:
«La sua inquietudine, però, non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta veniva negata. La sua era un'inquietudine spirituale alimentata dall'amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come un "ospedale da campo" per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati»
La chiesa di Barbiana |
Non si discute l’indubbio interesse dell’esperienza, che mediante un ragionamento intorno al carattere innovativo della scuola di Barbiana, contribuisce a sottolineare questioni ancora aperte. Il risultato è un libricino stimolante e ben scritto da A. Schiavon dal titolo accattivante: «Don Milani. Parole per timidi e disobbedienti».
«A questo punto mi occorre spiegare il problema di fondo di ogni vera scuola. E siamo giunti, io penso, alla chiave di questo processo perché io maestro sono accusato di apologia di reato cioè di scuola cattiva. Bisognerà dunque accordarci su ciò che è scuola buona. La scuola è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi». (da Lettera ai giudici di don Lorenzo Milani)
Nel maggio del 1967 esce per la piccola casa editrice fiorentina LEF un libro dal titolo Lettera a una professoressa; scritto da don Lorenzo Milani e gli alunni della scuola di Barbiana, una canonica del Mugello a pochi chilometri da Firenze. Un luogo sperduto dell’Appennino, afflitto, ancora negli anni del miracolo economico, dalla miseria e dall’arretratezza. Un luogo di esilio dove don Milani è arrivato il 7/12/1954: né acqua, né luce, né strade per raggiungerla. Un luogo abitato da 40 persone.
Eppure grazie a questo prete, Barbiana diventa un luogo conosciuto da tutti, e non solo in Italia.
Uno dei punti fondanti della Lettera a una professoressa è, invece, la critica del nozionismo, il rifiuto di una scuola distante dalla “vita” degli individui reali, in particolare dei contadini e degli operai. I ragazzi della scuola (insieme a don Milani) denunciavano il sistema scolastico e il metodo didattico che favoriva l'istruzione delle classi più ricche tra cui il cosiddetto "Pierino del dottore" (cioè Pierino, figlio del dottore, che sa già leggere quando arriva alle elementari), lasciando la piaga dell'analfabetismo in gran parte del paese.
«Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto».
«Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto».
Fu don Milani ad adottare il motto inglese "I care", letteralmente mi importa, mi interessa, ho a cuore (in dichiarata contrapposizione al "Me ne frego" fascista), che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche. Questa frase scritta su un cartello all'ingresso riassumeva le finalità educative di una scuola orientata alla presa di coscienza civile e sociale.
Don Milani abolì ogni forma di punizione corporale (canna per bacchettare, sale sulle ginocchia, ecc) all'epoca ammesse per legge nella scuola pubblica, sostituendole con la perdita della benevolenza o del sorriso del maestro. In questo aspetto imitò l'esempio del "pedagogo" Vittorino da Feltre, sebbene l'attività sportiva rivesta un'importanza molto limitata nel modello educativo di Don Milani.
La sua concezione pedagogica è detta del professore-amico in contrapposizione al modello prevalente di un docente distaccato e autoritario che trovava legittimazione nel primato dell'autorità della cultura, ed era riconosciuto dalle stesse famiglie degli studenti: erano rari gli episodi di cause in tribunale e contestazioni dei voti o del comportamento dei docenti, le famiglie tendevano a dare ragione al maestro piuttosto che ai figli.
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