28/7/2017 - Convenzione di Ginevra del 1951


La Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, conosciuta anche come la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, è un trattato multilaterale delle Nazioni Unite che definisce chi è un rifugiato e definisce i diritti dei singoli che hanno ottenuto l'asilo e le responsabilità delle nazioni che garantiscono l'asilo medesimo. La convenzione stabilisce anche quali persone non si qualificano come rifugiati, ad esempio i criminali di guerra. La convenzione prevede anche la possibilità di viaggiare senza visto per i titolari di documenti di viaggio rilasciati ai sensi di questa Convenzione.

Si basa sull'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, che riconosce il diritto delle persone a chiedere l'asilo dalle persecuzioni in altri paesi. Un rifugiato può godere di diritti e benefici in uno stato in aggiunta a quelli previsti dalla convenzione.

L'articolo 1 della Convenzione (come modificata dal protocollo del 1967) stabilisce la seguente definizione di rifugiato: "Chiunque nel giustificato timore d'essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi."

Diversi gruppi di studio sono stati creati sulla base della Convenzione del 1951 per individuare una definizione più obiettiva. Mentre i termini differiscono da quelli della Convenzione del 1951, la Convenzione ha plasmato in modo significativo queste nuove definizioni, più oggettive. Queste includono la Convenzione sugli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa del 1969 approvata dall'Organizzazione dell'unità africana (ora Unione Africana) e dalla Dichiarazione di Cartagena del 1984, che, sebbene non vincolante, stabilisce anche le norme regionali per i rifugiati in America Centrale, in Messico e a Panama.

In linea di principio generale del diritto internazionale, i trattati in vigore vincolano le parti e devono essere eseguiti in buona fede. I paesi che hanno ratificato la Convenzione sui rifugiati sono obbligati a proteggere i rifugiati che si trovano sul loro territorio, in conformità con i relativi termini.

Ci sono una serie di disposizioni che gli Stati che sono parte della Convenzione sui rifugiati e del protocollo del 1967 devono rispettare.
Tra questi vi sono:
- Cooperazione con l'UNHCR: Ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione sui rifugiati e l'articolo II del Protocollo del 1967, gli Stati si impegnano a collaborare con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) nell'esercizio delle sue funzioni e per aiutare l'UNHCR a sorvegliare l'attuazione delle disposizioni nella Convenzione.
- Informazioni sulla legislazione nazionale: le parti della convenzione si impegnano a comunicare al segretario generale delle Nazioni Unite le leggi ed i regolamenti che possono adottare per assicurare l'applicazione della Convenzione
- Esenzione dalla reciprocità: la nozione di reciprocità (dove, secondo la legge di un paese, la concessione di un diritto ad uno straniero è subordinata alla corrispondente concessione di un trattamento simile da parte del paese dello straniero ad un proprio cittadino) non si applica ai rifugiati, dal momento che i rifugiati non godono della protezione del loro paese d'origine.

Un rifugiato ha il diritto di essere libero da sanzioni riguardanti l'illegalità del proprio ingresso o presenza in un paese, se può dimostrare di aver agito in buona fede, ovvero se il rifugiato è convinto che vi sia una sufficiente giustificazione per il suo ingresso illegale o per la sua presenza, come ad esempio per sfuggire a reali minacce alla propria vita o la libertà, e se immediatamente dichiara la propria presenza. Questo diritto è tutelato dall'articolo 31:
"Gli Stati Contraenti non prenderanno sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell'articolo 1, per quanto si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolari".


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